24/03/2021

Luce tra le crepe di un anno senza precedenti / 3

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A un anno esatto dall'inizio dei fatti che hanno rivoluzionato la nostra quotidianità, pubblichiamo qui le ultime quattro interviste ai membri del team L&L raccolte durante quel periodo.

Leggi la prima e la seconda puntata del nostro approfondimento.

 

There is a crack in everything.
That’s how the light gets in.
(Leonard Cohen)

C'è una crepa in tutto. È così che entra la luce (Leonard Cohen).


Abbiamo sbirciato tra le fessure di questo momento di rottura e abbiamo afferrato la luce che filtrava attraverso. Ne sono nate delle interviste ad alcuni membri del team L&L.

Lucia De Rosa, international customer service

In questo periodo come è cambiato il tuo modo di relazionarti ai clienti e viceversa?
Durante il primo lockdown totale di marzo, noi del back-office eravamo abbastanza preoccupate di come le criticità del periodo avrebbero influito sul nostro rapporto con i clienti. Non eravamo preparate al lavoro da casa, la maggior parte dei clienti non lo era e non sapevamo che effetti avrebbe avuto sul lavoro, considerando anche il grosso impatto a livello psicologico e emozionale.

Eppure quello che poteva essere un ostacolo, con il tempo si è trasformato in una sorta di tacita collaborazione tra noi e i clienti, che non è mai venuta meno, neanche con il passare del tempo.

Entrambe le parti sapevano che avremmo dovuto avere più pazienza verso noi stessi in primis e a vicenda. Il clima d’incertezza aveva inevitabilmente influito sul ritmo del cliente in modi diversi. Con il passare dei mesi sia il back office che i clienti, hanno imparato a convivere con i nuovi ritmi. Una volta tornati in ufficio, abbiamo mantenuto la collaborazione creatasi.


Quali sono state le principali difficoltà che hai fronteggiato nel tuo lavoro e come le hai superate?
La prima cosa che mi viene in mente quando penso al lavoro da casa è la mancanza delle telefonate con i clienti. Sappiamo quanto sia importante la comunicazione per dare assistenza, quanto a volte basti la nostra voce per rassicurare il cliente sullo stato del suo ordine. I primi tempi non è stato facile contare solo sulla comunicazione via email. 

Molti clienti non avevano modo di usare il telefono e questo ha generato un flusso di corrispondenza maggiore del solito. Tuttavia, trovarci con i clienti nella medesima delicata situazione ha portato ad avere un rapporto per iscritto ancora più diretto e rapido.

Sicuramente un grande aiuto ci è arrivato dai nostri Area Manager di riferimento, che spesso si sono trovati a fare delle telefonate per conto di clienti che non avrebbero potuto chiamarci direttamente. O viceversa facevano per nostro conto delle telefonate per dare la prima assistenza o per filtrare meglio delle richieste.

Una buona abitudine che hai iniziato in quarantena e ora porti avanti?
Lavorando da casa ho inevitabilmente ridotto la documentazione cartacea, perché non avevo esigenza di archiviazione o di passare i documenti sulla scrivania dei colleghi. I nuovi metodi di lavoro mi hanno portato in generale a pensare più digital e a ridurre ulteriormente l’utilizzo della carta, per usarla solo se davvero necessario.


C’è qualche altro risvolto del tuo lavoro in quarantena di cui ti piacerebbe parlare?
Sono stati mesi duri, complicati e inaspettati sotto molto punti di vista e credo che per chiunque di noi sia stato difficile trovare qualche lato positivo. Tutti abbiamo vissuto una situazione diversa, chi in casa con la famiglia, chi da solo o chi in una casa che non era la propria; eppure la cosa che più ho riscoperto e che mi porto dentro dalla quarantena ad oggi, è il lavoro di squadra con i colleghi, la collaborazione nata con i clienti, l’empatia.

Mai come in quei mesi la voce di un collega al telefono aveva un sapore familiare, di normalità. Così come l’email di un cliente, anche quando qualcuno sbaglia a scrivere il tuo nome dopo 3 anni di lavoro insieme 😄. In quei mesi quei piccoli gesti di routine sono diventati importanti.

Antonio Carraro, responsabile di produzione

A un anno dall'inizio della pandemia, quali sono state le difficoltà principali del quotidiano che ti sei trovato ad affrontare in questo lungo periodo? quali strumenti, mezzi, abilità hai scoperto di poter usare?
L’emergenza sanitaria ha richiesto scelte rapide e mirate all’aspetto produttivo, dovendo io in prima persona coordinare e riorganizzare il personale in funzione dei volumi di produzione richiesti.

Ho analizzato i punti di rischio contagio nei flussi di lavoro, come ad esempio l’approvvigionamento di componenti ai banchi degli operatori, e sono intervenuto con misure protettive e preventive, per conciliare la salvaguardia della salute del personale con i processi di produzione.

Ho rapidamente focalizzato che solo con l’impegno di tutti, unendo la determinazione e le singole competenze, avremmo rafforzato lo spirito di squadra per far fronte al momento critico. Il concetto di squadra ci ha permesso di superare qualche individualismo.

Il tuo ruolo è legato a doppio filo con la produzione ed è difficile pensare a una professione meno "remota" della tua! Cos'è cambiato concretamente nei rapporti con i colleghi in presenza e quelli in telelavoro?
Divisi ma uniti.

Due parole che non ho mai associato tra loro, mentre oggi, in questa breve definizione, trovo l’essenza del lavoro quotidiano, un concetto semplice, ma molto costruttivo. Le regole stabilite fin dai primi giorni di pandemia hanno permesso a tutti di lavorare in sicurezza distanziati, ma uniti nel raggiungimento degli obiettivi comuni. Nei rapporti con i colleghi, nel rispettare le disposizioni per evitare possibili contagi, non tralasciando l’aspetto relazionale e umano.

Mi viene in mente un articolo letto di recente, in cui si cercava di descrivere i tempi che stiamo vivendo:

Divisi fisicamente, ma uniti moralmente. Il distanziamento infatti non deve portare all’allontanamento, alla chiusura e all’esclusione. Si continua a collaborare, a lavorare in team adattandosi al nuovo contesto.

Una domanda uguale per tutti: una buona abitudine che hai iniziato in quarantena e porti ancora avanti?  
L’uso della mascherina tante ore al giorno e l’igienizzazione delle mani e degli attrezzi di uso quotidiano sono stati per me i due punti di ripartenza e oggi sono diventati la quotidiana abitudine che mi consente di iniziare la giornata con serenità. Ho dovuto, come tutti d’altronde, costruire una nuova normalità con nuove accortezze e limitazioni nella vita privata, in famiglia, nella vita sociale e lavorativa, una normalità forzata ma alla quale è necessario abituarsi.

Senz’altro rispetto a prima mi sento più “digitale”, se così si può dire, frutto del tempo passato davanti al computer, molto più di quanto avessi mai passato.

Massimo Guglielmi, logistica

Come responsabile del reparto d'imballaggio e logistica, quali sono state le difficoltà principali del quotidiano che ti sei trovato ad affrontare nel corso di questo anno? 
All'inizio è stato piuttosto difficile da accettare, tutto sembrava surreale.

Nei pochissimi giorni che hanno preceduto la chiusura, non riuscivo a immaginarmi che anche altrove, in Italia, le altre aziende stessero chiudendo anch’esse. Sembrava succedere ciò che di solito avviene prima di una chiusura per ferie: grandi pulizie, corsa alle spedizioni, i saluti: molto diversi, timorosi, con sguardi incerti e preoccupati, ma pur sempre saluti.

Al rientro in azienda eravamo in pochi, con mascherina e distanziati, ma è stata una gioia ricominciare, con tanta voglia di portare avanti la luce dell'azienda.

Mentre la chiusura di tutte le aziende è avvenuta in blocco, la ripartenza è avvenuta in maniera molto frammentata;

infine i corrieri: si spediva la merce, ma i tempi di consegna non erano più quelli cui eravamo abituati.

Come è cambiato il rapporto con i colleghi e quanto questo influisce sul tuo lavoro?
Il lavoro è cambiato inevitabilmente: con gli uffici vuoti e le comunicazioni solo via email non è stato facile abituarmi a non interagire dal vivo con i colleghi e riporre tutte le mie interazioni su uno schermo.
Con la ripresa, l’impossibilità di stare vicini ha significato solo un allontanamento fisico, fortunatamente.


C’è un progetto a cui ti stai dedicando che è connesso con le problematiche emerse nell’ultimo anno?
In qualche modo sì, mi collego all’ambiente, che per certi versi ha giovato di questo fermo e ci ha dato la possibilità di riflettere ancora di più su come ridurre il nostro impatto e sullo spreco in generale.
Da un paio d’anni mi occupo della gestione delle scatole d’imballaggio ed è mia cura ottimizzare le confezioni per non generare materiale d’imballaggio in eccesso, che crea rifiuti e occupa spazio, sia in azienda che per chi riceve la merce. Mi sembra che per ora abbia dato buoni risultati, ma so che c’è sempre possibilità di miglioramento.


Una domanda uguale per tutti: una buona abitudine che hai iniziato nel primo lockdown e porti ancora avanti?  
Ho impegnato il tempo riscoprendo le mie passioni, prima tra tutte la cucina, seguita dalle passeggiate nel mio quartiere, che ho imparato ad apprezzare e vivere più di prima, e infine il bricolage su legno.

Sabrina Olmi, pianificazione di produzione

Dal punto di vista della tua esperienza personale in L&L è possibile cogliere nella situazione che si è creata un aspetto positivo oppure un insegnamento per il futuro?
L’aspetto positivo sta nell’aver potuto approfondire i rapporti tra colleghi; anche se stavamo lavorando da remoto, ci siamo sentiti parte di un progetto, di un’idea che ciascuno ha saputo sviluppare secondo le proprie capacità senza far mancare la continuità al lavoro quotidiano.


La tua mansione ha un filo diretto con la produzione, durante il primo lockdown hai avuto modo di riflettere su come questa potrebbe cambiare e adeguarsi al telelavoro?

Attualmente un monitoraggio della produzione attento e mirato può essere garantito in maniera efficace solo in presenza. Tuttavia è possibile sviluppare una strumentazione tecnologica che consenta da remoto uno studio dei dati per monitorare in maniera sempre più analitica l’andamento della produzione.

Nel futuro prossimo l’ausilio di tecnologie in grado di gestire schedulazioni automatiche degli impegni da tablet o smartphone permetterà di monitorare il carico delle attività e agire preventivamente per organizzare al meglio il lavoro, sia autonomo, sia che coinvolga un team.

Parli molto di tecnologia nel tuo lavoro per l’immediato futuro, e nel presente?
Sicuramente questo periodo è stato contrassegnato da un utilizzo molto più importante delle tecnologie di comunicazione da remoto; tutti noi abbiamo dovuto fare la conoscenza delle numerose piattaforme per le video chiamate, per non parlare di un utilizzo dello smartphone molto più elevato.


Una buona abitudine che hai iniziato in quarantena e ora porti avanti?
Durante il primo lockdown ho iniziato a seguire dei corsi di ginnastica tramite dei video tutorial (per restare in tema tecnologia!), oggi continuo a seguirli, ma la tecnologia non sostituirà mai la mia passione per la mountain bike.

 

 

In copertina: Anthony McCall, Solid Light Works, les Abattoirs (2013).
Foto: Caroline Léna Becker (CC by 2.0)